“Pari è meglio che dispari: stereotipi e pregiudizi mella didattica e nelle pratiche di orientamento
Obiettivi
OBIETTIVI PEDAGOGICI GENERALI
La relazione educativa tra docente e alunno/a , fondata su reciprocità e asimmetria di ruoli è tutt’altro che neutra e immune da processi inconsapevoli di etichettamento e stereotipizzazione. Ne sono prova le ricerche sulle distorsioni della valutazione prodotte da stereotipi e pregiudizi: i biases da categorizzazione, autoconvalida, conferma comportamentale (effetto Pigmalione). Il peso di tali processi è particolarmente rilevante nella relazione interpersonale con soggetti in età evolutiva, che spesso assume le caratteristiche di una vera e propria relazione d’aiuto. Diviene così molto alto il rischio di discriminare chi non corrisponde alle attese sociali relative per esempio al genere biologico, e/o di invisibilizzare caratteristiche, bisogni e risorse soggettive dell’altro.
Le pratiche didattiche, con il corollario di strumenti del sapere codificato, tendono a accentuare un’idea sterotipata della costruzione della conoscenza, presentandola come frutto della presenza storica dell’uomo nella vita sociale e culturale, e rimuovendo pressochè totalmente il contributo delle donne in tutti gli ambiti del sapere. Gli spunti offerti dal progetto PO.LI.TE., che dal 1998 , sulla scia della Conferenza mondiale dell donne di Pechino propone con documenti di estrema attualità che i libri di testo promuovano le pari opportunità di genere.
Ancora nel 2010, in piena ondata di femminicidi, violenze, stupri, le donne nei libri di scuola usati dai bambini più piccoli le donne sono ignorate, o rese soggetti totalmente marginali. «Ma come, scusi, io questi libri non li ho mai visti…», esordisce sempre qualche insegnante durante i corsi di formazione tenuti da Irene Biemmi, pedagogista, ricercatrice e docente di Pedagogia sociale presso il Dipartimento di Scienze della formazione e psicologia dell’Università di Firenze. Biemmi è autrice di uno studio dirompente, realizzato nel 2010 e pubblicato nel libro Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari di Rosenberg & Sellier.
Le ricerche più recenti, confermano l’impermeabilità di autori e editori alle esigenze di contrastare il sessismo esplicito e implicito di cui sono portatori molti testi scolastici.
Il mondo sembra abitato prevalentemente da uomini, a loro tra l‘altro sono affidate la maggior parte delle professioni, oltre 80 tipologie diverse (dal re, al medico, pittore, esploratore, scienziato, poeta marinaio, sindaco, ecc), alle donne solo 23 ( mamma, maestra, strega, principessa, fata, commessa, infermiera , cameriera, ecc).
Biemmi fa presente anche che l’aggettivazione attribuita ai due generi risente del sessismo di fondo: i maschi sarebbero audaci, forti, valorosi, coraggiosi, seri, duri, impudenti, autoritari…le femmine vengono rappresentate come afffettuose e apprensive, buone, docili e servizievoli, ma anche pettegole, invidiose, antipatiche, vanitose, smorfiose. Insomma, il terreno di coltura per il rafforzamento dello stereotipo di maschio potente, a volte violento versus femmina debole e docile è pronto. E si insinua nel lavoro in classe e nelle relazioni educative.
Inevitabilmente, con gli anni, e con il cristallizzarsi delle rappresentazioni offerte dai testi, dai media, dalle esperienze sociali di docenti e alunni/e, anche le pratiche di orientamento risentono della stratificazione di distorsioni nella valutazione e ancora di uno sguardo confusivo sul sistema complesso di aspettative sociali e caratteristiche originali e uniche di quel ragazzo, di quella ragazza.